La distanza del ritorno

L’Illusionista era alla guida della sua vettura. Schiacciava il piede sul pedale dell’acceleratore e chiacchierava con i suoi due amici. Uno seduto alla sua destra, l’altro sul sedile posteriore. Ragazze, il solito argomento. Sono riuscito a procurarmi il numero di questa, non sono più uscito con quella. Si parlava per coprire la distanza. La distanza del ritorno. Come ogni quindici giorni i tre lasciavano la caserma presso la quale prestavano servizio e tornavano a casa. Con la macchina dell’Illusionista, ovvio. Qualche pensiero malinconico, tra una pausa e l’altra, faceva capolino nella mente dell’autista. Malinconia di cosa, nemmeno lo sapeva. Sarà questa pioggia, pensò. Volume della musica un po’ più alto, velocità ancora più sostenuta. Ma sempre tanta prudenza. Dopo diversi chilometri di chiacchiere e note, i due amici scesero. Erano arrivati a destinazione, loro. L’Illusionista, non ancora. La voce che aveva preso a parlare nella sua mente, si fece più forte. A nulla era valso il volume alzato dello stereo di bordo. A nulla. E ora che non c’era nessun altro in macchina oltre che lui, ancora peggio. La voce parlava, parlava. Cosa dicesse, del resto, era un mistero. Il suo forzato interlocutore non capiva o fingeva di non capire. Prestava la massima attenzione alla strada, in un immenso quanto vano tentativo di distrarsi dalla propria coscienza. Dai propri pensieri, dai propri scheletri. Ancora qualche chilometro scorse sotto i pneumatici della vettura. Poi lo vide. Uno scheletro, con uno strano copricapo bianco faceva l’autostop. Sotto la pioggia. Nonostante l’attenzione alla strada. Nonostante la musica alta. L’illusionista frenò di botto. Un forte rumore riempì l’aria bagnata. Una bestemmia. Qualcuno l’aveva tamponato. Quel qualcuno era un uomo sulla quarantina. Nero di rabbia. Dovettero scambiarsi i connotati sotto le gocce che cadevano giù sempre più insistenti. Copiose.

 

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La distanza del ritornoultima modifica: 2009-07-30T12:08:00+02:00da carminedecicco
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