L’Autunno al mare – parte seconda

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Un nuovo rintocco mi fece capire che era giunta l’ora di andare. Mi alzai e procedetti lento verso la grossa villa che si affacciava sul mare, non lontano dal luogo in cui avevo trovato riposo e sollievo. Sempre maggiore era l’emozione che provavo, ed essa quasi mi avvinceva per la folle e smodata gioia che mi procurava: mi sentivo nuovamente in forze, come se la malattia del mio spirito altro non fosse che un insensato ricordo. Per chi come me era abituato a possedere e ad ottenere tutto ciò di cui aveva bisogno, tutto ciò di cui aveva voglia, anche se apparteneva solo al campo dell’inutile e del voluttuoso, era facile cadere vittima della noia e dell’insoddisfazione. Regalo dopo regalo, conquista dopo conquista, si finisce con l’entrare in un perenne stato d’inquietudine che non si appaga che per qualche momento, sempre più breve, sempre più rapido. Ma quella volta era diverso. Anche se ciò che mi attendeva non era e non doveva essere un incontro galante, ero eccitato all’idea di rivederla, dopo così tanto tempo. Da giorni non pensavo ad altro, avevo perfino spolverato qualche vecchia foto di una vita passata, piena di polvere e di anni gravidi di mutamenti e silenzi. Eppure il legame che da sempre ci univa, fin dalla nascita, a pensarci bene, non poteva essere spezzato tanto facilmente, nemmeno a causa di un rozzo e ricco marito, convinto di poterla vantare tutta per sé, lontana dalla città, strappata perfino dalle braccia di chi le era congiunto.

 

Ma ora lui era fuori, per futili e borghesi ragioni di lavoro, e lei, tra l’enorme solitudine delle lussuose camere della sua casa-reggia dovette pensare a me, dapprima in maniera frivola e distratta, poi con sempre maggior serietà, mentre l’idea di incontrarmi si faceva strada nella mente sua, come l’acqua piovana sotto gli stipiti delle porte, dopo un violento acquazzone. Se un impetuoso temporale o una leggera e delicata pioggerellina avevano bagnato la sua nobile anima e quale e quante resistenze aveva opposte ai simulacri di un passato troppo velocemente accantonato, non mi era dato sapere. Del resto, ad essere sincero, neanche ci pensavo più di tanto. La mia attenzione, piuttosto, era concentrata sulle eventuali parole che ci saremmo scambiati, eleganti colte parole, lontane dalla trivialità e dalla banalità solite.

 

Questo pensiero acquisì forza quando, giunto presso la villa e domandato il permesso di entrare, ebbi modo di ammirare lo straordinario abito col quale la sua dimora si presentava a chi le si avvicinasse, abito fine ed elaborato, la cui dovizia e cura dei particolari non era certo alla portata dell’apprezzamento e della comprensione di tutti. La facciata neoclassica era ingentilita da colori teneri, delicati, che univano alla formalità e al rigore delle mura e delle colonne una certa dose di gaiezza e spensieratezza. Dagli ampi balconi del primo piano pendevano piante rampicanti fresche e rigogliose, qualche bassorilievo in gesso chiaro emergeva leggermente dalla superficie muraria, altrimenti liscia, illustrando scende di miti antichi, le cui origini erano remote almeno quante quelle dell’umanità.

 

Varcata la soglia d’ingresso che mi introdusse in una stanza ampia, ariosa, fui accolto da un profumo di fiori d’arancio, che ben presto mi avvolse completamente, con premura e sapienza. Attesi qualche minuto durante il quale fissai i dipinti ad olio affissi alle pareti, uno per parte, e lessi il titolo di alcuni volumi tra le centinaia che la biblioteca di chiaro e possente legno custodiva gelosa. Attrasse la mia attenzione uno spazio vuoto nello scaffale dedicato ai romanzieri italiani del tardo Ottocento, spazio con ogni evidenza occupato fino a poco tempo prima da un libro che lei ora stava leggendo.

 

Mi sorprese in questa considerazione, elegantissima nel suo vestito nero, impreziosito di gemme disegnate, dello stesso coloro del ghiaccio. La trovai assai dimagrita, ma ciononostante in ottima forma. Sorrise, e il volto le ci illuminò, quasi come se i suoi dolci occhi marroni per la felicità fossero divenuti più grossi e lucenti. Ma certo quell’impressione fu provocata dal leggero movimento della sua testa, con i capelli che, voluminosi e rapidi, muovendosi le avevano scoperto il collo, pallido e sinuoso.

«Benvenuto» mi disse, guardandomi con complicità. Una strana luce albergava nei suoi occhi vispi. La salutai, chiedendole dove potessi appoggiare il mio soprabito che la temperatura della casa nonché le regole dettate dalla convenienza mi impedivano di continuare ad indossare. Chiamò qualcuno a cui affidò la scura zimarra, poi mi invitò a seguirla in un’altra camera. Il lungo e ben illuminato corridoio era adornato da quadri, più numerosi di quelli che prima avevo ammirato. Una striscia decorata con motivi floreali era posta a circa un metro dal pavimento e correva per l’intera lunghezza delle pareti laterali, dividendole in due emisferi, uno rosso, l’altro bianco.

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L’Autunno al mare – parte secondaultima modifica: 2009-11-27T09:08:00+01:00da carminedecicco
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3 pensieri su “L’Autunno al mare – parte seconda

  1. Leggendo la prima parte e anche questa seconda,
    non posso farti i complimenti per questo racconto,
    aspetterò di leggere la terza parte.

    Buon fine settimana con un pò
    di umorismo se vieni a leggere
    la mia ultima filastrocca.

    Un abbraccio da Giuseppe.

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    Buona serata
    , un abbraccio

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