Roberto Rossellini e la diffusione della conoscenza

In attesa di riuscire a tornare a scrivere qualche racconto, per aggiornare un po’ il blog riporto quest’articolo che ho pubblicato sul forum Dragorà, dove seguo una rubrica di storia del cinema…

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Roberto Rossellini è uno dei più grandi registi d’Italia e del Mondo. È ritenuto il padre del Neorealismo, uno dei più importanti movimenti che la storia del cinema abbia mai conosciuto. Proprio per il significato fondamentale che l’esperienze neorealistica ebbe, il nome di Rossellini resta stabilmente ancorato a questo movimento, nonostante la sua carriera di regista sia proseguita ben oltre quest’esperienza. Sebbene l’intera filmografia rosselliniana spesso sia valutata soltanto in base al metro realistico, in effetti la sua produzione è molto più multiforme di ciò che superficialmente si crede.

Roberto Rossellini esordisce, come di consueto, con alcuni cortometraggi, anche se questi hanno un carattere di finzione e non documentaristico. Il primo lungometraggio che realizza come regista risale al 1941 e ha come titolo “La nave bianca”. Seguono “Un pilota ritorna” e “L’uomo della croce”, che insieme al precedente lavoro costituiscono la cosiddetta trilogia della guerra fascista. I tre film contengono già elementi innovativi rispetto al cinema d’allora, non solo quello dell’Italia fascista, ma anche quello di Hollywood. Elementi che esplodono poi nel primo capitolo della trilogia della guerra, “Roma città aperta”. Il film, che all’inizio doveva essere un documentario, fu girato nel 1945, con mezzi di fortuna: Cinecittà era inagibile, quindi si girò tra le strade, senza far ricorso ad attori drammatici, per svincolarsi dagli stilemi recitativi allora in voga (la stessa Anna Magnani e anche Aldo Fabrizi provenivano dal mondo delle commedie), le divise militari erano quelle abbandonate dai soldati in rotta, mancava la pellicola e perfino la corrente. L’opera non ebbe successo di pubblico, ma vinse a Cannes la Palma d’oro nel 1946. In quello stesso anno Rossellini realizzò “Paisà”, e l’anno seguente “Germania anno zero”, a chiusura della trilogia della guerra, o trilogia neorealista che dir si voglia.

Sebbene la realtà resti un elemento fondamentale nel cinema rosselliniano, alla fine degli anni Quaranta ad essa si assommano altri elementi, come il misticismo, lo scavo nella psicologia umana (si pensi alla trilogia della solitudine: “Stromboli terra di Dio”, “Europa ’51”, “Viaggio in Italia”), l’espressionismo e soprattutto il didatticismo. La componente didattica è fondamentale nell’opera di Roberto Rossellini, specie nell’ultima – e purtroppo poco nota – parte della sua carriera, quella del cinema per la tv. Rossellini fu il primo a comprendere le enormi potenzialità del mezzo televisivo, in un’epoca in cui la maggior parte dei registi disprezzava la tv o se ne sentiva minacciato. Egli invece comprese quanto essa fosse importante per la sua capacità di raggiungere un pubblico quanto più vasto possibile, un pubblico che il cinema nelle sale non avrebbe mai potuto raggiungere.

E così Rossellini intraprese una nuova avventura, quella di realizzare lungometraggi di finzione a carattere storico per la tv, con lo scopo di diffondere la conoscenza. Egli mutuava quest’espressione da Jefferson, e la preferiva al semplice educare. Era convinto che la storia dell’umanità potesse essere insegnata attraverso le immagini, fedele al motto shakespeariano “the eyes of the ignorants are more learned than their ears”. I film erano rivolti per lo più agli adulti, perché più numerosi e perché a loro spettava il ruolo di formare le giovani menti. Era un modo, il suo, per reimpostare il sistema culturale e l’educazione, che nella sua ottica non doveva preparare alla vita, ma essere una dimensione della vita stessa. Solo con una formazione culturale di nuovo tipo l’uomo sarebbe stato capace di risolvere i propri problemi, e di proseguire lungo la strada verso la conoscenza e la felicità. Nei suoi 10 lavori per la televisione Rossellini non pretendeva di avere il diritto di dire l’ultima parola sulle vicende che metteva in scena. Egli era anzitutto un uomo che, affrontando questo o quel tema, voleva comprendere qualcosa in più.

Nonostante la novità e l’importanza di questa proposta, essa non ha avuto seguito, e i lavori rosselliniani per la tv sono quasi sconosciuti. Ciò è anche dovuto al peculiare modo di girarli, utilizzato per evitare l’identificazione tra pubblico ed attori e quindi ottenere il massimo di didatticismo possibile. Eppure alcuni di questi film possono essere tranquillamente classificati come buoni prodotti, fruibili ancora oggi, come ad esempio “La Prise de pouvoir par Louis XIV”.

Qui il link originale dell’articolo su Dragorà.

Roberto Rossellini e la diffusione della conoscenzaultima modifica: 2010-04-15T16:22:00+02:00da carminedecicco
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2 pensieri su “Roberto Rossellini e la diffusione della conoscenza

  1. concordo con il tuo pensiero Rossellini è “un grande” e con i suoi film ha segnato un’epoca ed è stato anche un precursore
    bell’articolo davvero grazie per avercelo proprosto
    un abbraccio

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