L’Epifania di Carla

 

Bimbi in strada.jpgQuando Carla si svegliò, il vico nel quale si trovava la sua casa era già stato invaso da bimbe e bimbi entusiasti di provare i regali che la Befana nottetempo aveva portato loro. Sotto il gelido sole di inizio Gennaio alcuni bambini correvano sulle loro biciclette colorate, con o senza rotelle. Altri giocavano a calcio con i palloni nuovi che avevano trovato accanto alle calze. Alcune bambine, invece, portavano a spasso le loro bambole in passeggini e carrozzini di varia misura. C’era anche chi, già un po’ paffutello, si impegnava a incrementare la propria stazza mangiando senza sosta i dolciumi che gli erano stati recapitati durante la notte dalla gentile vecchina.

Carla, ancora un po’ assonnata, lentamente si alzò dal letto, poi si affacciò dalla finestra della sua camera e vide lo spettacolo della strada piena di vita, sorrisi e grida scherzose.

Neanche troppo tempo prima, anche lei la mattina del sei Gennaio correva con i suoi nuovi giochi fuori casa ancor prima che il padre e la madre fossero usciti dal letto.

Già, mio padre, si disse, mentre osservava un omone corpulento e quasi del tutto calvo fingere di morire sotto i colpi di fucile sparati da quello che, a tutta apparenza, doveva essere suo figlio.

Ora il padre di Carla non era più con lei, e da quando era andato via, anche Babbo Natale e la Befana non passavano più a trovarla.Calze Epifania.JPG

E così Carla era dovuta crescere, crescere in fretta, spronata dall’inesorabile necessità e dall’austero bisogno, abituandosi con il trascorrere del tempo ad altre partenze, ad altre assenze.

Come quella della nonna, la sua più intima confidente, la sua più grande amica, passata, come la giovane non smetteva mai di ripetere a se stessa, a miglior vita circa tre anni prima. Eufemismi a parte, la nonna le mancava moltissimo, specie nei giorni di feste, quando tutti vogliono stare in famiglia, quando si fanno gli auguri a tutti i parenti, perfino a quelli che si vedono solo a Pasqua e Natale. Del resto, sua nonna era morta proprio sotto le feste, come si usava dire nella sua città, pochi giorni prima del 25 Dicembre.

Ciò nonostante, Carla non aveva mai preso a odiare le festività, e cercava di vivere il periodo che dalla fine dell’ultimo mese dell’anno si protraeva fino all’Epifania con gioia e speranza. Cercava certo, ma talvolta gli eventi esterni sembravano volerglielo impedire, con i loro reiterati tentativi di spegnere quelle liete fiammelle nel suo cuore. La vigilia di Natale dell’anno prima, a esempio, sua madre era stata investita da un pirata della strada, e aveva trascorso diversi mesi a letto. Carla si era dovuta occupare di tutto, ed era stata dura, lei solo sapeva quanto.

Ma, si ripeteva con una punta d’orgoglio, in fin dei conti quel periodo era finito, e lei, pur oberata da mille preoccupazioni e impegni, era riuscita perfino a continuare gli studi.

Ormai le mancava solo l’ultimo esame, e poi sarebbe giunta la sospirata laurea in Giurisprudenza. Sarebbe stata una gran soddisfazione, uno schiaffo morale ai professori che al termine del Liceo le avevano consigliato di cercarsi un lavoro, di non tentare la via dell’Università. Carla aveva studiato con impegno e costanza, impiegando un anno in più del necessario, ma insomma, quanti studenti si perdono tra la scelta della giusta facoltà, il tre più due, i nuovi e nuovissimi ordinamenti.

Molti suoi amici, infatti, erano più dietro di lei, a cinque, sette, dieci esami dalla tesi, pur essendosi immatricolati con lei, all’inizio dello stesso anno accademico.

Amici.

Questa parola le suonò inadeguata, come una nota stonata che subito salta all’orecchio durante un’esecuzione per il resto perfetta.

Cucina disordinata.jpgErano forse suoi amici le persone con le quali di tanto in tanto chiacchierava all’università, tra un corso e l’altro? In fondo, era sempre lei a iniziare una discussione, a farsi notare per i saluti. A volte, addirittura, aveva l’impressione che gli altri la evitassero. Non in maniera plateale, certo, ma forse il loro non cercarla mai, i loro saluti affrettati, le tante risposte fornite con sufficienza, non erano altrettanti segnali di un rapporto a senso unico?

Sì, confermò con tristezza, è così. Decise di staccare gli occhi dalla finestra, alla quale era rimasta attaccata nell’ultima mezz’ora, mentre pensieri e ricordi le nascevano nella mente per poi confondersi e dissolversi.

A piccoli passi raggiunse la porta della sua stanza e l’attraversò per uscirne. Gettò una rapida occhiata nella camera della madre, dove la donna ancora dormiva, poi si diresse nella piccola cucina, che, al solito, era completamente in disordine. Oggi pomeriggio, pensò guardandosi intorno, devo dare una sistemata a questo posto. Ma proprio mentre terminava il pensiero, la sua attenzione fu attratta da un pacchettino di colore rosso che non aveva mai visto prima. Si avvicinò, non sapendo cosa aspettarsi, e lo prese tra le mani. Nell’alzarlo dal tavolino sul quale era stato riposto, si accorse che giaceva su un piccolo biglietto di carta.

Leggendolo, fu invasa dalla gioia. Sentiva la commozione crescere in lei mentre apprendeva che il piccolo pacchetto conteneva un regalo che Ciro, suo giovane collega universitario, le aveva portato per augurarle un felice Natale. Quando le era venuto a far visita però, non l’aveva trovata e così aveva deciso di lasciare il dono e allegare quel breve scritto, raccomandando alla madre della sua compagna di non dimenticare di consegnarlo a Carla.

Mia madre madre dimentica sempre tutto, disse tra sé e sé Carla scartando il regalo.

L’Epifania di Carlaultima modifica: 2011-01-06T11:43:37+01:00da carminedecicco
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5 pensieri su “L’Epifania di Carla

  1. Fa sempre bene leggere qualcosa di positivo. Sono contenta per Carla. L’emozione di un piccolo dono, di un gesto, di un pensiero, specie quando non l’aspetti, è quaòcosa d’impagabile, e questa emozione tu l’hai resa molto bene in questo bel racconto.
    Un caro saluto.

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