Pasquette proletarie

 

La sveglia suona alle 7:00 in punto, nonostante la sera precedente si sia fatto tardi a star a casa di amici. Ci si lava in fretta, perché l’appuntamento è alle 8:00 presso l’imbocco dell’autostrada e bisogna caricare nella macchina le prelibatezze che sono state preparate, tortani, rustici, pizze piene e pastiere, le bottiglie di vino rimediate tra parenti e amici, l’immancabile Supersantos e le carte francesi e pure quelle napoletane, per i più campanilistici. Sulla faccia c’è ancora la forma del cuscino, ma si esce di casa in fretta e furia, senza aver nemmeno tempo di guardare il cielo e di scorgere le minacciose nuvole nere che ti guardano con superbia come a dire: non hai ancora fatto i conti con noi!. Arrivi puntuale all’appuntamento, nonostante i battenti, i fujenti, i curiosi e i turisti che affollano le strade. Solo a quel punto ti rendi conto che tutto è inutile: sei come al solito il primo, e ti toccherà aspettare gli altri che arrivano alla spicciolata. E così passano i minuti, sempre più minuti, ma tu nemmeno ci provi a guardare il cielo che si fa sempre più grigio e resti in macchina ad ascoltar le sigle dei cartoni animati e altre canzoni demenziali. Sono le nove passate quando ci sono tutti. Quasi tutti. Sei entusiasta perché in fondo si è in procinto di partire, ma non è così: puntualmente c’è chi propone di non lasciare spazi vuoti nelle automobili, perché è un peccato andar con troppe macchine, e poi non pensate all’ambiente? A quel punto un po’ la vena sulla fronte si ingrossa, pensando che il tipo fino a ieri ha scaricato illegalmente pneumatici dei tir nel Parco Nazionale del Vesuvio, ma alla fine non dici nulla e accetti passivamente la proposta pensando: almeno un po’ di compagnia durante il viaggio. Il tempo di organizzarsi con le automobili, di aspettare quelli che la vanno a posare in questo o quel parcheggio e si parte. Mentre guidi la tua vettura – quale se no? – piena di tizi che non conosci affatto, i famosi amici di amici, ma che si vede lontano un miglio che sono sfigati cominci a pensare che forse era meglio star soli. Tutti sfigati. Tutti tranne uno: il saccente della comitiva, che chissà perché ogni Pasquetta tocca a te, nonostante proprio non lo riesci a digerire e ci metti un anno per sbollire la rabbia che inopinatamente ti fa montare con i suoi discorsi e le sue tirate da moralista di sinistra. Cazzo. Ma tant’è, una volta arrivati ci si divertirà. E così acceleri cercando di battere tutti i record di velocità sull’autostrada, ma dietro la prima vera curva lunga ecco davanti a te comparire il temutissimo traffico. Sarà un incidente, ti dici, sarà solo un tratto, pensi, ma poi finisci imbottigliato e cammini a passo di lumaca per circa cinquanta chilometri mentre il cielo comincia a schiarirsi e le nuvole liberano un sole che sembra avercela con te, sì proprio con te, con i suoi raggi diretti proprio nel tuo abitacolo, a farti sudare e a minare ancor più il fragile equilibrio mentale del momento. Ma alla fine arrivi. davanti a te uno scorcio di verde Irpinia. Il lago, il prato verde, i barbecue. E circa un migliaio di individui, tanto che la densità arriva a 18,5 persone per metro quadrato. Vabbé, si caccia fuori il pallone per fare due tiri, ma non lo tocchi nemmeno che ti senti un po’ d’acqua addosso. E non è il tuo nuovo amico balbuziente, quello che ti ha bagnato tutto il sediolino posteriore. No, è la pioggia. Prima ne cadono poche gocce, poi diventano sempre più numerose finché scoppia un vero e proprio acquazzone. Si rifila in auto, a mangiar salame, pane e fave, ma nemmeno te ne vedi bene pensando a tutte le briciole che cadono a terra e all’inutilità dei dieci euro spesi per lavare l’auto. E mentre ascolti distratto un discorso che dalla religione finisce a celebrare gli eroi della Resistenza, pensi che davvero non ne puoi più e desideri soltanto tornare a casa senza aver più cattive notizie. Fortunatamente la multa che ti sei beccato infrangendo il limite di velocità nell’unico chilometro di strada senza traffico ti arriverà tra qualche settimana.

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Pasquette proletarieultima modifica: 2012-04-09T22:09:56+02:00da carminedecicco
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2 pensieri su “Pasquette proletarie

  1. Allora ho fatto bene a restare a casa… :-))
    Divertente questo racconto, nel suo realismo e nella sua, in un certo senso, tristezza.
    Ciao

  2. ciao Carmine,
    se mai mi venisse in mente di partecipare ad una Pasquetta (dopo un’era di rifiuto) mi leggerò il tuo post e darò forfait immediato. Nel racconto non hai dimenticato niente per fare odiare questa faticosa tradizione…
    Buona domenica. robi

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