VII – L’attentato

Eccoci giunti al VII episodio del Ciclo del Re di Pollena. Per chi si fosse perso qualcosa può recuperarla qui. Nelle righe seguenti entrerà in scena un nuovo personaggio: un killer abile e misterioso che attenterà alla vita del sovrano. Riuscirà nel suo intento?


«Chi mai potrà assumersi un compito così gravoso?».

L’uomo dai lunghi capelli biondi di cui nessuno sapeva il nome aspettò qualche secondo prima di rispondere. Guardò negli occhi il suo interlocutore, poi girò lo sguardo a quanti gli stavano intorno, compresi i buoni a nulla che negli ultimi giorni si era trovato a comandare.

«Ho io l’uomo giusto. È un mio vecchio commilitone».

A quella risposta il conte A. si informò prontamente quanto sarebbe costato, dimostrando che l’assassinio del re nella sua ottica era ormai un passo inevitabile: bisognava solo definirne i dettagli. Fu in quel momento che il vecchio viceré si rese conto dell’assenza del duca: il terzo dei notabili, quello più legato alla famiglia reale, doveva aver abbandonato la riunione in segno di manifesta contrarietà con quanto proposto dal capo dei malviventi. Comunicò la scoperta agli altri, invitando gli uomini del duca a seguire il suo esempio, o a rompere i rapporti con lui rimanendo nel consesso segreto. Nessuno andò via.

La riunione proseguì per un’altra ora circa, quindi i congiurati lasciarono alla spicciolata la stamberga che li aveva ospitati e tornarono alle proprie dimore. Solo il biondo non rincasò, ma si diresse verso il bar che era solito frequentare il suo commilitone. Cosa ci trovasse di tanto bello in quel baraccone dominato da un’enorme statua di Cristo, non lo aveva mai capito. In effetti, non se n’era mai interessato. Quando giunse alla meta, notò subito il suo uomo. La sua testa rasata e i suoi grandi occhi, del resto, lo rendevano facilmente riconoscibile, nonostante l’anonimato degli abiti che era solito indossare. Si avvicinò cercando di non attirare la sua attenzione.

«Da quale prigione sei fuggito questa volta?». La domanda che gli rivolse era un chiaro segno che aveva fallito.

«Da un’altra che non è stata capace di trattenermi. Ho un lavoro per te». Le spiegazioni non durarono a lungo.

«Peccato, il re mi stava simpatico» commentò seccamente il killer. Quindi andò via, di certo a studiare il miglior piano per l’attentato.

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Uscì di casa direttamente il giorno in cui aveva deciso di uccidere il sovrano. Non portò con sé nessuna arma: ne aveva sotterrata una tempo prima in un punto strategico. Per strada fu controllato dalle guardie reali, sul chi vive per via della parata a cui avrebbe partecipato Re Davide. Il killer salutò con cordialità gli agenti di sicurezza che lo avevano trovato pulito e si avviò con calma al luogo dal quale aveva deciso di sparare. Non ci mise molto ad arrivare, nonostante avesse compiuto un giro lungo per aggirare le guardie che ispezionavano la strada. Scavò per recuperare il contenitore di legno che custodiva il suo fucile di precisione, quindi dette un’occhiata attorno a sé prima di arrampicarsi sulla casa in costruzione che gli avrebbe fornito un nascondiglio perfetto. Dopo lo sparo sarebbe fuggito nelle terre retrostanti, per poi trovare rifugio nel vicino lavaggio auto. Qui avrebbe trovato una vettura pronta a partire, che lo avrebbe accompagnato al suo solito ritrovo: lì sarebbe stato al sicuro.

Nell’attesa del passaggio del re il killer era molto tranquillo. Sapeva che mantenere la calma sarebbe stato fondamentale. Non si lasciava affatto distrarre dalla folla festosa che aspettava ai margini della strada il carro con il sovrano. Aveva le orecchie ben tese in tutte le direzioni, pronte ad individuare il minimo movimento non riferibile all’attesa della parata.

Ad un certo punto, però, il suo sforzo di concentrazione fu vanificato: boati di fuochi d’artificio presero a rimbombare nell’aria. Era il segnale che il re non era lontano, ma con quei rumori era difficile capire se qualcuno stesse salendo sulla casa a controllare. Ma di che mi preoccupo, si disse, perché qualcuno dovrebbe salir qui su a controllare? No, non mi ha visto nessuno!

Il killer tuttavia era in errore: la casa era più affollata di quel che credesse. Quando era salito, infatti, vi era già un ragazzino nascosto al piano superiore. Si rifugiava lì ogni volta che voleva fumare lontano dagli occhi indiscreti dei suoi coetanei e dei suoi genitori. Insospettito dai rumori provenienti dal basso, aveva approfittato del rumore dei fuochi artificiali per dare un’occhiata silenziosa, che gli era stata sufficiente per capire quel che stava succedendo: un uomo era appostato per tendere un attentato al sovrano. Sapeva che non poteva misurarsi col killer, quindi preferì scendere per comunicare quanto aveva visto alle guardie. I botti coprirono la sua fuga. Quando fu in strada si diresse velocemente verso la prima guardia che trovò e le raccontò tutto.

«Perché mi racconti bugie?».

«È la verità, l’ho visto con i miei occhi, andate a controllare!».

«Oh sì, ci andrò…ma tu verrai con me!». La guardia avvicinò a sé il ragazzino con la forza e si diresse nella direzione opposta alla casa. Questi non capì il perché di quel che accadeva, ma fu sopraffatto dal panico quando vide il carro reale avvicinarsi. A breve il killer avrebbe sparato. Fissò il re, ricordando quante volte in passato aveva giocato a calcio con lui. Il sovrano aveva un cuore d’oro, e più volte lo aveva invitato a giocare una partita con lui, nonostante l’opposizione dei suoi compagni.

No, non poteva accadere ciò che temeva!

Il ragazzino fece appello a tuitte le proprie forze e diede un pestone alla guardia, quindi cominciò a urlare e si liberò dalla presa. Corse immediatamente verso il carro. Cominciò ad arrampicarsi con agilità, proprio mentre dalla casa in costruzione partì un colpo. Il re, abbassatosi con stupore per aiutare il ragazzino a salire, fu mancato per un soffio.

VII – L’attentatoultima modifica: 2012-11-18T23:10:00+01:00da carminedecicco
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