Cosa ha da insegnarmi il 25 Aprile

Il 25 Aprile si celebra la ricorrenza della liberazione dell’Italia dalle truppe di occupazione nazifasciste. Il 25 Aprile del 1945,infatti, Milano e Torino furono liberate dai partigiani e raggiunte, di lì a pochi giorni, dalle truppe alleate che intanto, provenienti da sud, avevano liberato la parte centro-meridionale del nostro Paese. Era la vittoria contro quel regime che aveva guidato l’Italia per circa un ventennio e che, dopo l’entusiasmo iniziale, era venuto in odio alla popolazione. Il 25 Aprile è la ricorrenza del sacrificio di uomini e donne che si batterono per liberare le loro terre, cacciare gli invasori e i nemici fascisti e tornare alla libertà. Fu una nuova alba che illuminò una nazione devastata dalla guerra e fece sorgere in tutti la convinzione che d’ora in avanti tutto sarebbe andato meglio. Dopo il disastro del conflitto bellico e il baratro del fascismo non si poteva far altro che risorgere. E la resurrezione era avvenuta grazie ai partigiani, agli uomini nuovi. Si credeva che una nuova etica, una nuova morale si sarebbero imposte e che dalle ceneri di un popolo distrutto, sconfitto e martoriato sarebbe venuta fuori una fenice di soli e incorruttibili valori positivi. Tutti, scrittori, intellettuali,politici, cedettero a ciò e si impegnarono per aiutare le cose ad andare come dovevano andare.

Ma, ben presto, ci si rese conto che le cose stavano andando come non dovevano. Pian piano, i soliti vecchi difetti della solita vecchia gente, riemersero. Con buona pace per gli ideali partigiani e per le illusioni di palingenesi dell’Italia.
Con gli anni, sempre più colpi alla Resistenza, colpi politici, storici, sociali, che hanno scalfito la superficie di un mito un tempo considerato incrollabile e destinato a durare per sempre. Non tutti i partigiani erano brava gente, non tutti i fascisti erano il ricettacolo di ogni nequizia, sintetizzando al massimo grado. Quindi un altro mito che cade, un altro mito che viene meno in questa post-modernità che ha disperatamente bisogno di qualcosa in cui credere, qualcosa di resistente alle onde della relatività che incessanti e fortissime distruggono valori e certezze del passato, di sempre.

Mi sono chiesto cosa avesse oggi da insegnarci una festa che ha già compiuto 64 anni ed è stata ,nel corso della sua vita, bistrattata, ignorata, strumentalizzata. La risposta, sorge spontanea proprio grazie alle mie riflessioni precedenti. Il 25 Aprile fu visto come spartiacque storico, come nuovo inizio. Era un’illusione, certo, ma le illusioni hanno un’importanza decisiva nella vita e nella storia. E poi, a forza di illudersi, si finisce col concretizzare quello che è all’inizio l’oggetto di meri sogni. Ebbene, a me il giorno della Liberazione ricorda che nel bene e nel male è sempre giusto combattere per un’idea, nella consapevolezza che è meglio un’idea sbagliata che il vuoto nell’anima e nella mente. Mi ricorda che i miti servono, che l’uomo ha bisogno di qualcosa di più grande di lui a cui credere, qualcosa di certo da ammirare. Mi ricorda che anche i singoli, piccoli uomini possono contribuire a fare la storia, e che questa ha al proprio interno delle cesure, magari inconsistenti e vane, ma fondamentali perché spingono la società a credere che si possa cambiare, si possa migliorare. E spingono tutti a sforzarsi.
Magari qualche sforzo può andare a buon fine…

 

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Cosa ha da insegnarmi il 25 Aprileultima modifica: 2009-04-25T12:37:00+02:00da carminedecicco
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