Carmine De Cicco

Mo vene Natale

 

 

Ciro camminava sul lungo marciapiede del Corso senza prestare troppa attenzione alle malie delle vetrine dei negozi. Giochicchiava col proprio alito, soffiando nell’aria gelida e divertendosi a osservare le forme e le evoluzioni dei suoi soffi. Procedeva con calma, non avendo affatto una meta da raggiungere: quando era uscito di casa, nel chiudersi il pesante portone blindato alle spalle, non aveva pensato proprio a nulla. Voleva soltanto scendere a fare due passi, prendere un po’ d’aria. E così, passo dopo passo, le sue gambe lo avevano condotto in centro, nella via principale, vestita a festa dalle luminarie natalizie e dagli addobbi dei negozi e dei ricchi appartamenti.

Ma Ciro non vi badava, come del resto non prestava attenzione alle centinaia di passanti che affollavano quel marciapiede e quello opposto, in preda alla frenesia da shopping natalizio.

A dispetto del traffico della strada, dello strombazzare dei clacson, dei Babbo Natale che chiedevano offerte e che di tanto in tanto lanciavano i loro perentori «oh oh oh!», Ciro aveva orecchie soltanto per un vecchio motivetto popolare, che fischiettava nella sua testa: «Mo vene Natale».

Ciro se lo ripeteva spesso negli ultimi giorni: «Mo vene Natale».

Sì, perché il Natale era davvero alle porte, mancavano appena una decina di giorni ormai.

Come ogni anno, aveva aspettato aveva aspettato quel momento così bello con impazienza, senza però accelerare i tempi degli addobbi. Aveva appeso il calendario dell’Avvento il primo di Dicembre, l’Otto aveva sistemato i pastori sul presepio e le palline sull’Albero.

Aveva poi affisso la Stella Cometa sulla parete esterna di casa sua e preso dall’armadio il suo pigiama natalizio, tutto pinguini e fiocchi di neve.

Ciro pensava spesso al periodo che stava vivendo, del resto lo aveva aspettato con ansia. Già a Ottobre, a Novembre, talvolta si sorprendeva a pensare alle cose che avrebbe voluto fare nelle feste di fine anno. Alla Vigilia di Natale avrebbe fatto questo, per Capodanno quest’altro, per l’Epifania invece quest’altro ancora.

Ma man mano che le feste si avvicinavano, una leggera inquietudine cresceva in lui. «Mo vene Natale» si diceva, e cercava di lenire le ubbie del suo umore. Ma in quella breve frase, che tante volte aveva udito cantare dai suoi nonni e dai suoi genitori, era celato il seme dei suoi problemi.

Natale si avvicinava, ma lui non riusciva a sentirne lo spirito.

Mo vene Nataleultima modifica: 2010-12-14T10:52:00+01:00da
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