Recensione de “La compagnia dell’Anello” ovvero ritornerò tra le Miniere di Moria

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Accanto a me ho la mia copia de Il Signore degli anelli – La Compagnia dell’Anello, una tazza a forma di dado gigante colma di tè alla vaniglia, un paio di fogli per prendere appunti. Di solito amo scrivere postille e note direttamente sulle pagine dei volumi che leggo, ma preferisco comunque avere a portata di mano fogli – rigorosamente riciclati – su cui segnare pensieri e impressioni un po’ più corposi. Da tempo mi ripromettevo di leggere l’opera più famosa di Tolkien, dopo aver assaporato il suo stile ne Lo Hobbit. Il primo capitolo della trilogia della Guerra dell’Unico Anello è invero tutt’altro lavoro rispetto alla favola che ha dato origine all’intero mondo creato dallo scrittore britannico. Eppure affonda le proprie radici in quella storia. Nella prefazione alla seconda edizione inglese del Signore degli Anelli Tolkien confessa di averne iniziato la stesura prima che Lo Hobbit fosse finito e pubblicato nel 1937. L’autore ci dà conto di un percorso travagliato, e non solo a causa della Guerra Mondiale che sconvolse in quegli anni il mondo. La stesura del capolavoro della letteratura epico-fantasy subì diverse battute d’arresto. La prima poco dopo l’inizio, quando il linguista Tolkien preferì dedicarsi a completare e sistemare la mitologia e le leggende dei Tempi Remoti, cito, solo per fornire un necessario retroterra di “storia” alle lingue elfiche. Notizia che, a ben leggere, è davvero sensazionale: testimonia il successo dell’unione delle diverse attività a cui si è legati (in questo caso quella dello studioso di lingue e dello scrittore di romanzi), successo che deriva dall’impegno e dalla scrupolosità.
Nella stessa prefazione un altro aspetto fondamentale è quello del rifiuto di qualsivoglia interpretazione allegorica della propria opera. Non solo Tolkien dichiara di «detestare cordialmente l’allegoria in tutte le sue manifestazioni», ma sconsiglia di leggere l’opera che più di tutte lo ha reso famoso in chiave allegorica, distinguendo l’applicabilità al pensiero e all’esperienza del lettore con l’allegoria, che invece richiede un intervento autoriale che non vi è stato.
Insomma, niente Hitler o Churchill dietro ai personaggi della Terra di Mezzo: bisogna leggere il libro così come è scritto, senza cadere nella tentazione di attribuire questo o quel fallace significato dietro a questo o quell’angolo dell’opera. Si legga questa senza postulare metafisici piani di similitudine, tendenza spesso presente in certa critica che diffonde talvolta errate letture delle opere arrivando ad ostacolarne la libera e spensierata fruizione.
Linberi e spensierati, due aggettivi non usati a caso. È così che ci si deve accostare a quest’opera così densa e robusta, così pregna di eventi, emozioni, sentimenti. Un’opera epica, un’opera-mondo che ha sempre tanto da dire, e che tanto, grazie all’ispirazione che ha fornito, ha fatto dire. Ma nessun romanzo fantasy è stato capace di toccare le vette de Il Signore degli Anelli, un’opera che piace, e piace ancora oggi, per tanti diversi motivi.


Io, a esempio, ho apprezzato anzitutto la capacità di Tolkien di dar vita ad un mondo niente affatto antropomorfizzato: le creature che si muovono nella Terra di Mezzo sono davvero estranee a noi e ai nostri modi di essere e pensare. Altro punto dell’opera che ho particolarmente amato è quello dei due capitoli dedicati alle Miniere di Moria: un viaggio nell’oscurità e nella paura, tra il pericolo e il Male senza nome, che mi ha lasciato senza fiato, che mi ha avvinto ed emozionato come raramente è successo. Un viaggio al termine del quale mi sono detto: ritornerò tra quelle miniere.

Recensione de “La compagnia dell’Anello” ovvero ritornerò tra le Miniere di Moriaultima modifica: 2012-01-12T14:50:44+01:00da carminedecicco
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5 pensieri su “Recensione de “La compagnia dell’Anello” ovvero ritornerò tra le Miniere di Moria

  1. Ma che meraviglia! Io ho letto il libro e visto al cinema tutta la saga come sempre i libri superano gli schermi, benche’a mio parere e’ben fatto anche la serie cinematografica. Concordo in quanto si scoprono mondi nuovi, terre oscure da scoprire sembra di addentrarsi fra’le radure, sembra di star dentro alla scena tanto e reale e ben descritta.
    Un vero capolavoro!
    Un’abbraccio Carmine

  2. Fuori dalle allegorie in queste figure poco antropomorfe si possono senz’altro leggere vizi e virtù dell’essere umano. Non impazzisco per il genere fantasy ma questa saga costituisce un’eccezione!
    Ciao
    Andrea

  3. Ciao, mi riporti indietro di 20 anni all’incirca,Tolkien e la sua fantasia. Ricordo che in quella occasione tagliai tanti tronchi a girella e li colorati a grandi facce con nasi sproporzionati e finii anche sul giornale della mia città. Il ciglio del mio giardino era meta di fotografi di passaggio e addirittura di un pulman di tedeschi. Sono tra gli unici libri che letti non ho buttato, da qualche parte li devo avere, se non sbaglio come rielzo della bagiur in mazarda. Besos

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