Carmine De Cicco

Misery – Recensione

Misery di Stephen King può essere letto in tanti modi. Anzitutto come la terribile avventura vissuta da Paul Sheldon, scrittore di successo che dopo un incidente d’auto finisce suo malgrado ad essere accudito da Annie Wilkes, donna sola, pazza e violenta, che lo costringe a resuscitare l’eroina da lei prediletta, Misery appunto, e a scrivere un nuovo romanzo con quest’ultima come protagonista.

Ma l’opera può anche essere considerata come una metafora dello scrittore seviziato dal Lettore, quello generico, con la L maiuscola, quello con il quale talvolta chi scrive ha un rapporto di amore e odio. Ma, del resto, non si può pensare che King, nel romanzo dato alla luce a metà degli Anni 80, abbia voluto in parte dipingere la crudeltà degli editori, o più in generale, dei meccanismi editoriali, che costringono gli autori a produrre anche quando non sono in vena, e a dedicarsi a certi soggetti piuttosto che ad altri, in quanto i primi promettono più successo dei secondi?

A questo proposito non riesco a decidermi se l’«acclamato genio della letteratura internazionale», definizione che leggo nella quarta di copertina dell’edizione Sperling Paperback che ho a casa, nello scrivere Misery si sia più divertito o inquietato. Divertito, perché, se la scrittura di norma è una forma di autoerotismo, qui diventa una vera e propria festa, magari a luci rosse, se si vuol continuare la metafora; inquietato, perché ha visto riflessi nelle peripezie di Paul Sheldon i guai patiti o temuti.

Del resto, lo scrittore sequestrato dalla sua ammiratrice numero uno era sovente etichettato dai critici come autore di successo di romanzi destinati al grande pubblico, non certo di opere meritevoli di entrare nella storia della letteratura.

Ma mentre gli scritti che saranno i classici di domani maturano per entrare nell’Olimpo letterario, i libri che vendono milioni di copie contribuiscono a far storia, tendenza, gusto, già da adesso. Per la serie Life is now.

Ai tempi dell’università ero sempre scettico sugli autori troppo recenti: ci sono tanti classici da leggere, mi dicevo, che non posso dedicarmi ad opere che, per quanto valide, sono lontane dall’essere pietre miliari della cultura. Non consideravo, allora, che la cultura non è solo quella custodita nei testi di scuola o nei manuali universitari, ma è anche tutto ciò che ci circonda, che gira su internet, che è pubblicata sui giornali, che si trova anche tra le pagine dei bestseller.

Un ultimo appunto, infine, lo meritano le etichette letterarie. King è un autore horror; Misery è un romanzo di paura. Le cose non stanno proprio così. Lo scrittore statunitense nativo di Portland è un grande narratore, lo si vede bene in questo libro. Riesce ad avvincere, a catturare l’attenzione del lettore, ad emozionarlo. E se l’emozione che suscita è soprattutto la paura, non manca, in Misery come altrove, di far riflettere, sorridere. E soprattutto Di far amare la lettura, che sia essa di classici o dei cosiddetti romanzi d’appendice.

Misery – Recensioneultima modifica: 2013-01-24T14:52:16+01:00da
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