Viaggio in Paradiso – Recensione

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Mark Twain è uno degli scrittori statunitensi più conosciuti. Sicuramente deve la propria fama presso il grande pubblico a romanzi come “Le avventure di Huckleberry Finn” e “Le avventure di Tom Sawyer”, ma è stato apprezzato e lodato anche da grandi scrittori quali Hemingway e Faulkner per la sua opera di iniziatore della moderna letteratura made in Usa.

Attivo tra la seconda metà dell’Ottocento e il primo decennio del Novecento, Twain ha prodotto un’impressionante mole di scritti. Tra questi anche “Viaggio in Paradiso”, un libello nel quale l’autore del Missouri inscena l’improbabile viaggio ultraterreno del capitano Stormfield, che sebbene convinto di essere destinato all’Inferno, dopo la morte si ritrova libero di scorrazzare per i cieli.

Ben presto, però, si rende conto che la propria idea di Paradiso è ben diversa da ciò che è in realtà. Ebbene sì: Twain mette su carta il viaggio per dispiegare tutta la propria ironia contro le idee costituite e le convenzioni sociali, contro le gerarchie e i privilegi dei potenti.

Anch’essa a proprio modo opera picaresca e di viaggio, di certo in buona compagnia all’interno della produzione dell’autore statunitense, “Viaggio in Paradiso” è una lettura veloce che sa far sorridere e non manca di generare riflessioni.

Nei cieli sono miliardi e miliardi i beati, ed essi provengono da ogni angolo dell’universo, tanto che incontrare chi conosce l’esatta posizione del pianeta Terra non è affatto facile. E noi umani che siamo convinti di essere il centro di tutto! Altra convinzione che viene demolita da questo viaggio è quella delle occupazioni nel Paradiso, che sono ben altre da cantar lodi e girovagare con ali e aureola. Nel regno dei cieli, inoltre, non sono affatto tutti uguali e non è affatto vero che mancano dolori e incomprensioni.

Siete sorpresi? Legittimo, certo, ma tant’è! Nei regni celesti visitati dal capitano Stormfield tutto è capovolto rispetto alle credenze invalse qui sulla Terra. E così finisce che Billings, un sarto del Tennessee, abbia maggior considerazione di Omero e Shakespeare nonostante, o proprio a causa del fatto che, in vita non vide mai una propria opera pubblicata e anzi fu deriso dai suoi conterranei.

Billings è uno dei pochissimi, insieme a Maometto e Cristo, ad essere conosciuti anche al di fuori del nostro pianeta, e questo è un altro brutto colpo per la vanità di noi umani.

Tutt’altro che brutto, invece, è questo romanzetto umoristico di Twain, che sebbene non abbia la levatura di un’opera di prestigio, si configura come una piacevole e intelligente lettura.

Viaggio in Paradiso – Recensioneultima modifica: 2013-03-30T09:51:00+01:00da carminedecicco
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