Carmine De Cicco

Opinioni di inizio Autunno

Seduto sulla vecchia poltrona che fu di mio padre e prima ancora di mio nonno, fumo un sigaro d’importazione e ascolto canzoni più anziane di me, mentre con occhi stanchi fisso le rare foglie che cadono dai pochi alberi rimasti nel mio giardino. La maggior parte di esse è ancora verde, ma nei giorni a venire cambieranno colore, abbandoneranno i rami presso i quali riposano, raggiungeranno le altre loro simili stendendosi intorno alla base dei tronchi.

Mi chiedo quale impareggiabile spettacolo mi si sarebbe offerto ogni qualvolta avessi guardato fuori dalla finestra, se solo lo spazio verde che circonda la mia vecchia casa non fosse stato mutilato. Vi chiederete il perché sia stato fatto ciò. Ancora me lo chiedo anche io, sebbene non nella stessa maniera in cui lo state facendo voi.

Dovete sapere che fino a qualche mese fa un ampio giardino circondava su ogni lato la dimora della mia famiglia, dove oramai io vivo solo, circondato da stanze troppo vuote e troppo polverose per me. Si tratta di una costruzione di oltre un secolo fa, ampia e rigorosa, che si estende per tre piani. Il suo fascino, credo derivasse proprio dai suoi alberi di ogni genere, dai cespugli di fiori che coloravano il prato all’inglese sempre ben curato, dalle piante piccole e variopinte sistemate in vasi e anfore di ogni dimensione, lungo tutta l’area che circonda la casa. I disastri che, uno dopo l’altro, si erano abbattuti sulla mia famiglia, se avevano costretto i miei avi a chiudere una dopo l’altra le varie stanze della costruzione, mai tuttavia avevano provocato disinteresse verso il giardino: del resto, lo ripeto ancora una volta, e nel farlo me ne convinco sempre più, il fascino dell’intera villa risiedeva appunto nel verde che la circondava.

 

Ebbene, d’improvviso mi si presentò un funzionario del Comune, un borghesuccio pieno di arie da gran signore, che mi comunicò che i tre quarti della mia proprietà mi sarebbero stati espropriati per fare spazio ad una strada necessaria a collegare il nuovo centro commerciale con le città limitrofe.

Mai rottura della mia solitudine fu meno gradita!

Mi spiegò l’importanza della nuova via di comunicazione, dei posti di lavoro che il centro avrebbe offerto ai miei concittadini, del passo in avanti sulla strada della modernizzazione e dello svecchiamento del paese.

Il mio sorriso scettico, molto evidente ogni volta che sentivo pronunciare la parola progresso, dovette colpirlo e infastidirlo: mi disse che con le buone o con le cattive avrei dovuto rinunciare alla mia terra. Lo misi alla porta.

 

Progresso. Che progresso ci può essere nelle colate di cemento che soffocano ogni spazio residuo della natura? Che progresso negli alberi abbattuti per far posto a vie di comunicazione che uniscono tra loro luoghi senza identità e memoria? Che progresso nella costruzione di enormi edifici volti ad ospitare santuari del consumismo, di uno stile di vita insano, che ci allontana dal passato, che ci allontana dalle tradizioni, che ci allontana dalle parole, che ci fa annaspare in una tragica superficialità a cui tutti, ormai, sembrano assuefatti?

Quante nequizie si sono consumate in nome del progresso! E quanto siamo in errore ogni volta che ci allontaniamo gli uni dagli altri, credendo così di essere più moderni…

Opinioni di inizio Autunnoultima modifica: 2010-10-04T09:29:05+02:00da
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