Carmine De Cicco

L’autunno in campagna (2 di 2)

Mi sembrava davvero incredibile che quel luogo, che quelle persone, esistessero davvero. La città con i suoi ritmi frenetici, lo smog, il traffico, gli alti palazzi, era a pochi chilometri di distanza. Eppure in mezzo a quella terra il tempo sembrava essersi fermato.

«Fa caldo, un tempo il mese di ottobre non era così» mi dissero, spiegandomi le conseguenze sull’agricoltura di quel mutamento climatico. Cercavo di prendere appunti mentali di ogni rivelazione, nella speranza che riuscissi a custodire gelosamente la cultura del tempo che fu e che, come sembrava, ancora resisteva, sebbene in zone circoscritte.

«Ormai le terre le lavora sempre meno gente» disse mio zio indicandomi quello che a tutti gli effetti sembrava una terreno incolto, abbandonato da chissà quanti anni. «I vecchi contadini muoiono e i loro figli fanno altri lavori, quando sono fortunati». Era triste percepire il declino di quel mondo, cogliere in fondo agli occhi circondati da rughe dei miei interlocutori una vena di sgomento per ciò che fu e che non sarà più.

«Già, è un peccato, riuscii solo a rispondere».

Dopo un paio d’ore tornai alla macchina. Avevo mangiato un po’ di frutta, raccogliendola direttamente dagli alberi, come mai mi era capitato prima di allora. Avevo ascoltato storie di contadini seduto su un ceppo di tronco tagliato. Ero felice, ma una goccia di malinconia era penetrata nel mio sangue che allora si stava rimescolando. Salutai i miei ciceroni e entrai nell’abitacolo. Fui avvolto dalla puzza di fumo, e solo in quel momento mi resi conto che durante la mattinata non avevo affatto fumato.

L’autunno in campagna (2 di 2)ultima modifica: 2011-10-16T10:21:21+02:00da
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