Carmine De Cicco

Le Porte di Sion

 

Mi strinsi nel mio spesso cappotto scuro convinto che non fosse un riparo sufficiente per il freddo rigido che attanagliava come un dispettoso invasore quei giorni di metà Gennaio. Avevo ragione. Il vento ululava la sua furia trovando tutti gli alberi ormai spogli, senza nessuna foglia da portar via con sé nella sua lunga marcia. Non che ci fosse molto verde in quella zona periferica del mondo tra auto logore parcheggiate ai bordi dei marciapiedi, palazzoni grigi e anonimi, attività commerciali messe su in tutta fretta e con altrettanta rapidità destinate a estinguersi, incapaci di reggere la concorrenza dei centri commerciali, enormi cattedrali nel deserto per i proseliti della religione del consumismo. Pensavo a disagio ai tempi che furono mentre il vento mi prendeva a schiaffi e il freddo si insinuava nelle mie ossa nonostante stessi passeggiando da diverse decine di minuti tutt’altro che a ritmo blando pur essendo sprovvisto di una meta. Dopo centinaia di malinconici passi, ricordi e allucinazioni ambulanti, le vidi: le Porte di Sion si ergevano dinanzi a me, in una via affatto secondaria, quasi come se volessero rimanere nascoste alle perlustrazioni superficiali dei più. Il cuore mi batteva mentre affrettavo il mio incedere per raggiungere l’enorme portone di legno. Sorrisi, spingendo una delle due ante.

Le Porte di Sionultima modifica: 2011-01-16T09:54:48+01:00da
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