Carmine De Cicco

SanValentini postmoderni

 

 

Il sonno. Il gelo. A questo pensavo mentre ero lì, seduto sullo scalone che conduceva all’ingresso dell’università. Sul freddo scalone dell’università. Ero solo, eppure in mezzo agli altri. Un’ora prima dormivo nel mio caldo letto, nei miei caldi sogni. Ora no: sedevo al gelo. Quel gelo che t’entra dentro, nelle ossa. Quel gelo che però, in fondo, fa piacere. Quando fa freddo per riscaldarti devi far qualcosa: ragionare, pensare, immaginare…sognare.


Ero vicino ad un bel camino, col fuoco acceso, i tizzoni scoppiettanti. Su una comoda poltrona fissavo i colori delle fiamme, il blu, il rosso, l’arancio, e lasciavo che il calore pervadesse il mio corpo…


Poi, improvvisamente, lei mi ha riportato alla realtà. Venuta non so bene da dove, ma presente ora in tutta la sua bellezza, in tutta la sua prevaricante bellezza. Aveva l’aria di chi non ha bisogno di nessuno, di chi non si lega a nessuno. Capelli neri, come il più cupo dolore, occhi freddi e distanti, eppure stupendi. Chissà su quanti volti avranno indugiato, quanti paesaggi avranno ammirato, quante sensazioni ed emozioni avranno trasmesso alla sua mente, al suo cuore. Chissà come sarebbe stato bello se si fossero incrociati con i miei.


Un bacio nel buio della notte, la voglia di tagliare le ali della libertà per restare eterno suo prigioniero. Ore e giorni indescrivibili, irripetibili.


Poi un rumore, questa volta reale. Una voce, una voce di un uomo che la chiama. Lei che va via veloce e felice, io che ritorno al mio focolare. È anche questo il bello, non trovate?

SanValentini postmoderniultima modifica: 2011-02-13T10:57:00+01:00da
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