Dopo la sveglia sono andato in cucina e prima ancora di accendere la luce e mettere il caffè sul fuoco ho acceso la stufa, provando a ristorarmi grazie al suo calore.
Poi ho pensato, nel Giorno della Memoria, alle vittime dell’Olocausto. Per loro il freddo non era la cosa peggiore. Al risveglio dopo una notte gelata e forse insonne, non avevano stufe né macchinette del caffè. Forse non avevano nemmeno la forza di pensarci, di desiderarle. Non avevano prospettive, ma solo dolore.
Nel Giorno della Memoria ho pensato agli ebrei, vittime di una delle stragi più crudeli della storia dell’umanità. Ho pensato alla necessità di conoscere e ricordare, per provare a evitare in futuro analoghi olocausti.
Ho pensato alle vittime di tutte le stragi, i genocidi, le pulizie etniche, le conquiste, gli sfruttamenti. Agli ebrei, agli indiani d’America, agli ucraini vittime dell’Holodomor. Ai profughi che muoiono inghiottiti dal Mediterraneo, ai civili vittime di guerre a loro del tutto estranee.
Ho pensato alla Storia, che non è affatto magistra vitae, ma che è fatta di corsi e ricorsi, di errori ed errori. E mi sono chiesto: a che serve ricordare, se poi non si riesce a cambiare?
Fonte foto: rete intenet