Carmine De Cicco

Folgorazione numero sei

Aspetto un treno che tarderà guardando la montagna maestosa e ferita ergersi sulle campagne colme di spogli scheletri: sembra abbracciarci tutti nonostante tutto, mentre su di lei il cielo lento diventa chiaro e le nuvole si colorano di un rosa accidioso. Sono avvolto dal freddo, tra immigrate dell’Est che parlano inconoscibili e magici dialoghi senza umore né tempo, un giovane che un attimo sì e l’altro pure tossisce i suoi mali stretto in un cappotto troppo piccolo e troppo leggero – personaggio degno di un romanzo di Dostoevskij – e il solito maledetto bellissimo angelo che mi accompagna ovunque vada. Mi appoggio ad un ombrello sperando di non doverlo aprire e mascherando una stanchezza che va presto via alla prima epifania di un sole rosso e freddo che sembra uscito da urli di pittori norvegesi, ma che è ancora capace di meravigliare mentre campane lontane prendono a suonare.

Folgorazione numero seiultima modifica: 2011-02-01T22:52:45+01:00da
Reposta per primo quest’articolo