Varcherò una volta ancora le plutonie rive
per omaggiare i cari miei defunti –
venerande figure nell’infante mia memoria –
in questa fallace, fredda estate
che a breve svanirà,
spalancando le porte dei tempi a gelidi giorni
e lunghe, rigide notti.
Lungo il cammino ne incontrerò di gente,
con i volti avvizziti, segnati da rughe,
induriti dagli anni trascorsi
e dalla paura del domani serbato.
Procederò nell’aria gemmea e chiara
ripensando al caro tempo antico,
ai nonni miei e del mondo,
ad un Eden ricoperto di polvere
e ora illuminato da un sole che non scalda.
Lungo il cammino ne incontrerò di gente,
con volti sbarbati, lisci, felici
ed occhi sereni, dell’avvenire fidati
non intaccati dal Germe più grave.
Giungerò infine presso i sepolcri,
eterne valenti dimore,
confissi nella terra negra e fredda
ma aperti all’inimmaginato Mondo
dove solenne e pia risuona la Campana.
Lì sosterò a lungo…